A suo tempo accettai di buon grado l’incarico affidatomi dal Comitato Scientifico della mostra che Mantova ha dedicato a Giulio Romano nel 1989, di coordinare un’edizione di fonti, sotto la guida di Amedeo Belluzzi, il quale, unitamente a Renato Berzaghi, ha svolto la parte principale di spoglio e ricerca archivistica, gettando così le basi sulle quali è stato impostato il lavoro.
Ci si potrebbe chiedere che senso abbia proporre un grosso lavoro di trascrizioni non omogenee, estrapolando documenti da fondi diversi per natura e formazione, proponendoli inoltre molto spesso parzialmente, anziché integralmente. D’altro canto l’esperienza maturata dagli archivisti nelle sale di studio fa chiaramente percepire il senso di smarrimento di molti studiosi che affrontano la ricerca riscontrando organizzazioni dei fondi diverse da istituto a istituto. È stata così prodotta una sorta di antologia tematica che intende agevolare la ricerca nel campo specifico della storia dell’arte mantovana della prima metà del Cinquecento, dominata dalla figura di Giulio Romano, pur con la consapevolezza di presentare un lavoro parziale, in cui vengono isolate singole informazioni, estrapolate dai contesti che le hanno prodotte, offrendo elementi talvolta slegati tra loro che possono ingenerare il dubbio nello studioso in merito alla probabile utilità delle parti omesse, dubbio che potrà comunque essere fugato verificando direttamente gli originali. Queste trascrizioni non intendono infatti sostituirsi agli originali, non rappresentano certo la totalità del materiale documentario esistente sugli argomenti trattati, anzi si presume che spesso avranno la funzione di fornire nuove tracce per sviluppare nuovi filoni di ricerca.
L’eterogeneità del materiale è la causa principale da cui discende il limite più evidente del lavoro: come detto, non si tratta della trascrizione di una fonte organica, ma piuttosto di un repertorio di fonti che si propone più come strumento di lavoro, non un punto di arrivo, ma un punto di partenza, da cui far proseguire la ricerca in molteplici altre direzioni.
Non tutti i documenti sono stati trascritti integralmente, sovente all’interno di lunghe lettere a carattere politico soltanto alcuni passi riguardano gli argomenti indagati e anche per le lettere trascritte parzialmente non sempre è stato possibile mantenere zone di testo compatte.
Il paesaggio dell’edizione risulta pertanto diverso dal paesaggio originario delle scritture, poiché fondato su elementi di pura opportunità pratica, secondo presunte gerarchie di valore e importanza, quindi informato a un atteggiamento selettivo. Del resto, data la progressiva dilatazione tipologica e quantitativa dei documenti verificatasi a partire dal XIII secolo in poi, e che nel Cinquecento si traduce in una realtà archivistica molto complessa e articolata, una trascrizione sistematica di carte pubbliche e private, non avrebbe potuto comunque costituire un ragionevole orizzonte, poiché avrebbe richiesto un dispendio di energie impensabile.
Il primo passo è stato quello di raccogliere trascrizioni, citazioni, riferimenti e indicazioni già edite a partire dal secolo scorso in una serie di articoli, saggi, monografie, sparsi su riviste o riuniti in opere autonome di respiro più o meno ampio: basti pensare ai lavori di Carlo D’Arco, Stefano Davari, Piera Carpi, Friedrich Hartt e altri. Successivamente è stata effettuata un’attenta collazione dei materiali già editi con i documenti originali, che spesso sono risultati trascritti in modo approssimativo e non rispondente a criteri scientifici rigorosi. Parallelamente si è proceduto a raccogliere materiali inediti attingendo principalmente all’archivio Gonzaga, del quale era stata presa in esame finora per lo più la corrispondenza; oltre alla raccolta degli autografi, sono state considerate anche serie documentarie diverse per tipologia, e per difficoltà interpretative, come atti di contabilità, mandati di pagamento, ricevute, elenchi e note di spesa, provvedimenti governativi quali decreti e mandati. Sono stati affrontati per la prima volta anche gli archivi notarili: le filze delle imbreviature e le registrazioni degli atti hanno permesso di fare luce su nuovi episodi legati all’attività artistica di Giulio e alla sua situazione patrimoniale. Non ultimo è da sottolineare l’inventario della sua casa (segnalato da don Giuseppe Pecorari), unico documento che esce dall’arco cronologico prefissato per le indagini, ma che tuttavia si è pensato di ricomprendere nel lavoro data la sua eccezionalità, come viene detto anche nel precedente saggio introduttivo. I documenti sono stati trascritti per la maggior parte contestualmente alla preparazione della mostra, e le trascrizioni sono state via via messe a disposizione dei membri del Comitato che hanno potuto così utilizzarle per la stesura dei loro saggi sul catalogo.
È stato necessario stabilire criteri di trascrizione omogenei e conformi alla più aggiornata metodologia afferente alla materia (in particolare è stato utilizzato come punto di partenza il lavoro di G. TOGNETTI, Criteri per la trascrizione di testi medievali latini e italiani, in “Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato”, 51, 1982; Cfr. anche Progetto di norme per l’edizione delle fonti documentarie, in “Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano”, n. 91, 1984, pp. 491-503), tenendo presente, nell’adottare una normativa di base, che una trascrizione di fonti relative alla figura e all’attività di un artista del XVI secolo si prefigge finalità diverse da uno studio meramente paleografico o diplomatistico, è infatti destinata prevalentemente a un pubblico di storici delle discipline artistiche e architettoniche, ai quali viene proposto come strumento di lavoro.
SCHEDA
Conviene a questo punto soffermarsi sul modello di scheda elaborata per la trascrizione di ogni singolo documento che si presenta articolata nei seguenti campi.
Datazione topica e cronica
In primo luogo viene indicata la datazione cronica seguendo la disposizione nell’ordine: millesimo, mese, giorno. Poiché le trascrizioni sono disposte in successione cronologica, si è preferito dare la precedenza al millesimo che diventa così immediata chiave di ricerca; fra i diversi elementi della data cronica non sono stati adottati segni di interpunzione. Sono tralasciati elementi della data cronica che sia impossibile stabilire, mentre i rari documenti non datati sono stati posti in coda alle trascrizioni con l’indicazione “s.d.” (senza data); quelli di data non precisamente individuata, ma per i quali è stato possibile stabilire un riferimento cronologico congetturale, sono inseriti nell’ordine al posto fissato dai termini post o ante, in altri casi si è preferito lasciare l’attribuzione nel campo delle ipotesi ponendo un punto interrogativo dopo l’anno presunto. Per una serie di documenti contabili, soprattutto registrazioni di spese, la datazione presenta un arco cronologico espresso (per esempio da marzo a tutto aprile): in tal caso la seconda data è stata tenuta come termine di riferimento; per molti mandati di pagamento si è tenuta come riferimento cronologico la sottoscrizione che ha posto in essere il documento e non la successiva data di registrazione. I rari documenti pervenuti in copia, sono stati inseriti alla data del documento originale e non a quella in cui fu redatta la copia stessa, che tuttavia compare tra parentesi.
Alla data cronica segue, sul medesimo rigo e separata da una virgola, la data topica espressa con il toponimo moderno. Qualora la forma attestata sul documento sia di incerta identificazione, essa viene posta tra virgolette. Infine gli elementi di entrambe le datazioni che non siano forniti espressamente dai documenti, ma ricavabili per via indiretta, sono dati tra parentesi quadre.
Autore e destinatario
Vengono indicati, quando possibile, i nomi completi degli autori e dei destinatari dei documenti, ciò vale di regola per quanto riguarda la corrispondenza, mentre per atti emanati da autorità governative viene indicato solo l’autore; questi elementi mancano infine per documenti di tipo contabile (ricevute, note ed elenchi di spesa, mandati di pagamento); per i rogiti notarili sono invece stati redatti brevi regesti in cui autore e destinatario coincidono con le parti contraenti. Nella traduzione dei nomi latini e nella italianizzazione di quelli volgari si tiene conto dell’uso locale e della forma prevalente (ad esempio Benedetto Agnello e non Agnelli, Giovanni Battista Ceruto e non Ceruti); in casi di traduzione dubbia si è preferito lasciare il nome, e più spesso il cognome, in latino, rispettando anche le forme di declinazione nei vari casi. Al nome degli autori e dei destinatari seguono, solo quando espressamente indicate sul documento, o universalmente note, o per distinguere omonimie, le rispettive qualifiche.
Titolo
Si intende con questa definizione indicare un riferimento essenziale e il più possibile conciso sul contenuto del documento, che si propone allo studioso come un soggettario-guida per le proprie ricerche.
Collocazione
In questo campo sono denominati l’istituto e il luogo dove si conserva il documento, riportati per esteso o in sigle convenzionali elencate nella tavola delle abbreviazioni adottate; segue la denominazione del fondo archivistico, della serie, qualora esista, dell’unità ed eventualmente della sottounità e del numero progressivo della carta. In rari casi sono stati trascritti documenti già editi, ritenuti importanti per il loro contenuto, per i quali non è stato possibile individuare il luogo di conservazione; sono state allora utilizzate le edizioni più recenti indicando in questo campo la definizione: “collocazione sconosciuta”. In tali casi sono state mantenute le norme di trascrizione delle rispettive edizioni.
Bibliografia
Si è cercato di recuperare in questo campo tutte le citazioni alle precedenti edizioni, integrali o trascritte in buona parte, di ogni singolo documento; le indicazioni sono date in forma abbreviata, si limitano infatti a fornire il cognome dell’autore seguito dalla data di edizione e dal numero della pagina, o pagine, in cui compare il documento. Tali indicazioni rimandano alla bibliografia qui di seguito elencata.
Trascrizione
Il testo di ogni documento è stato trascritto integralmente o parzialmente secondo le norme paleografiche illustrate di seguito. Gli indirizzi delle lettere, anche se queste sono state trascritte integralmente, vengono sempre omessi, dato che sono già espressi in un campo apposito sia l’autore che il destinatario.
Sigla dell’autore della scheda
È apposta in basso sulla destra, con le iniziali puntate, in lettere minuscole, premettendo il nome al cognome.
NORME PER LA TRASCRIZIONE
Ogni lettera è stata trascritta fedelmente come riconosciuta nel modello originale, tuttavia sono state fissate alcune norme: la j è trascritta i, sia nel caso di testo latino che volgare, sia all’inizio, in fine o in corpo di parola (es. januarii=ianuarii; maij=maii); la y viene sempre mantenuta, a eccezione del caso in cui sia possibile stabilire che stia per ij, presente soprattutto in fine di parola, nella quale ipotesi rientra nel caso sopra citato per la lettera j; la u semiconsonantica viene trascritta v (es. Mantoua=Mantova, uiuere=vivere); la ç mantiene la cediglia, a testimonianza del processo di uniformazione in z; la e caudata pur indicando una fase di transizione dal dittongo alla e semplice è stata trascritta mantenendo il dittongo (es. Gonzage=Gonzagae); i dittonghi a lettere inserte æ e œ sono stati trascritti con lettere separate.
Per quanto riguarda le oscillazioni nei dittonghi (ae, oe), nei documenti in volgare e talvolta anche in quelli in latino, prevalgono le forme senza dittongo; nel caso invece siano state estese le forme abbreviative si è rispettato il contesto globale di ogni singolo documento; si sono tuttavia riscontrati casi in cui sono presenti entrambe le forme all’interno del medesimo documento.
Sono stati rigorosamente rispettati scempiamenti e raddoppiamenti, ricorrendo tuttavia con moderazione a un (sic) giustificativo posto tra parentesi tonde per non ingenerare il dubbio che l’errore, troppo evidente, potesse essere imputabile alla trascrizione.
L’uso della maiuscola viene adottato, ovviamente, a ogni capoverso e dopo ogni punto fermo, per i nomi propri e geografici, ma non per gli aggettivi derivati, a esclusione di quelli con valore sostantivato (es. il Mantovano per indicare il territorio mantovano). La maiuscola viene inoltre utilizzata per le persone sacre, tuttavia limitandosi ai nomi propri, riportando invece in minuscolo attributi e apposizioni (es. Dominus, ma dominus Deus); viene inoltre utilizzata per sanctus e beatus, e relativi femminili e plurali, quando tali termini denotino luoghi e istituzioni e non attributi di persone (es. monasterium Sancti Augustini, ma ordo sancti Augustini); per le festività religiose, ma in modo che non più di una parola abbia la maiuscola (es. post Nativitatem, ma post nativitatem Domini); per ecclesia e imperium quando ci si riferisca alle due istituzioni universali (es. Sacro Romano Impero, ma ecclesia Sancti Petri).
Per l’uso dell’apostrofo vale come regola generale quella di attenersi all’uso corrente, distinguendo tra l’elisione della prima parola e l’aferesi della seconda (es. laltro=l’altro, lomperatore=lo 'mperatore); si è posto inoltre l’apostrofo alle seguenti preposizioni articolate: a’ quando sta per ai, agli; da’ quando sta per dai, dagli; de’ quando sta per dei, degli; nel caso in cui la scelta della posizione dell’apostrofo potesse comportare variazioni di senso, si è cercato di distinguere gli articoli dai pronomi, ad esempio sel, quando sta per se il è stato trascritto se 'l, mentre quando sta per se egli è stato trascritto s’el; e così chel, quando sta per che il è stato trascritto che 'l, quando sta per che egli è stato trascritto ch’el.
Anche per l’uso dell’accento vale la norma di attenersi all’uso moderno, distinguendo tra accento acuto e grave soltanto per la e. Si pone inoltre l’accento grave sulla a e sulla o in caso di mancanza di h iniziale per le forme del verbo avere: ànno quando sta per hanno; à quando sta per ha; ò quando sta per ho.
Per distinguere tuttavia ulteriormente altre forme verbali, e per evitare omografie, si è adottato l’accento o l’apostrofo in casi come so’ per sono; so per suo; de’ per deve; dé per diedi, diede; inoltre stà per stato, participio passato del verbo essere; po’ per poco; pò per può; si’ per sia; etc., più raramente compare l’accento tonico, es. lettére (lettiere) per distinguere da lettere.
Sono stati inoltre adottati altri segni ortografici, come il punto in alto per indicare il raddoppiamento fonosintattico es. illo per in lo = i °llo; selli per gli si= se °lli; chelli per che gli = che °lli.
La punteggiatura è stata conformata all’uso moderno.
Per quanto riguarda lo scioglimento delle abbreviazioni, i compendi abbreviativi sono stati trasformati nei segni alfabetici di cui tengono luogo, o sciolti sulla base delle corrispettive forme piene, senza adottare l’uso di parentesi; più parole contigue nel testo sono state separate, secondo l’ortografia corrente, così come sono state riunite quelle scisse (come altra mente, in seme, in darno). In casi di dubbio tra l’adozione di una lezione piuttosto che di un’altra, ad esempio tra forme italiane o latine, si è cercato di adottare la forma prevalente omologando la soluzione alla maggioranza dei casi presenti nel testo di ogni singolo documento, es. spsc.to può essere risolto indifferentemente in suprascripto o soprascritto; qualora invece non sia stato possibile rapportarsi a termini di confronto è prevalso il contesto linguistico, per cui si troverà suprascripto nell’ambito di un testo latino, e viceversa soprascritto in un testo volgare; sono stati tuttavia riscontrati casi di lezioni diverse all’interno dello stesso documento. I numerali sono stati riportati fedelmente secondo il modello in cifre arabe o romane, così come sono attestati (es. X°, XI.mo, 2.da); per le cifre romane sono stati adottati i caratteri maiuscoli, rispettando anche il mantenimento della forma in aumento (ad esempio VIIII e non IX).
Sono state adottate le parentesi quadre per indicare lacune nel testo dovute a guasti meccanici (perdita del supporto, presenza di macchie, abrasioni, evanescenza o abrasione dell’inchiostro); all’interno e stata riportata, quando possibile, l’integrazione congetturale, in caso non fosse possibile proporre una ricostruzione accettabile, sono stati messi tre puntini (es. Iulio Ro[mano], ma Iohannes K[...]el). Per segnalare integrazioni di parole o singole lettere mancanti nel testo, imputabili presumibilmente a lapsus calami, è stato adottato il carattere corsivo (es. ‘gatia’= ‘gratia’). In caso di omissioni, quando il documento non è stato trascritto integralmente, sono stati adottati tre puntini tra parentesi tonde. Le omissioni presenti nel testo originale (spazio bianco sul foglio) sono state invece indicate con tre asterischi (es. Iohannes Baptista filius quondam *** de Covo), mentre le espunzioni, sostituite o meno da correzioni, sono precedute e seguite da un segno di croce (es. Iacomo +da Sancto Benedecto zoppo+ Bruscho marangone: in questo caso i segni di croce stanno a indicare che la provenienza e l’attributo sono stati cassati e sostituiti dal cognome e dalla qualifica).
Questi i criteri stabiliti in linea di massima; problemi di varia natura si sono presentati strada facendo e sono stati affrontati e risolti di volta in volta. Ad esempio la corrispondenza del 1531 (Archivio Gonzaga, b. 2516) è stata trascritta utilizzando per la maggior parte l’edizione già pubblicata nel 1920 da Piera Carpi; tale lavoro era infatti stato effettuato prima che la documentazione subisse danni irreversibili causati dall’umidità, benché già allora presentasse problemi di leggibilità. Rispetto all’edizione del 1920 è stato possibile attuare pochissimi aggiornamenti di verifica e di controllo. Si è inoltre rinunciato a trascrivere parte della corrispondenza di Marsilio de’ Grossi, detto il Grossino, (Cfr. Ibidem, cc. 281-286) che pure presenta accenni a lavori di castello, soprattutto nel mese di ottobre 1531, quando fervono i preparativi per le nozze del duca Federico e di Margherita Paleologo: tale documentazione si trova infatti in pessimo stato di conservazione; benché si intuisca che le lettere parlino dei lavori di ristrutturazione edilizia e degli apparati per le nozze, gran parte degli atti, nonostante sia stata sottoposta a lunghe vicende di restauro, è irreparabilmente perduta, e si è ritenuto che non avrebbe avuto senso proporre frasi o parole sparse, avulse dal loro contesto di appartenenza. Per molti di questi documenti, infine, è stato eliminato l’uso delle parentesi quadre per indicare le integrazioni congetturali, in quanto un loro impiego massiccio avrebbe appesantito notevolmente il testo (es. 1527 marzo 9, aprile 3).
La divisione del lavoro, oltre che per area geografica, in ambito mantovano ha tenuto conto, almeno inizialmente, di una partizione cronologica dei documenti affidati ai vari collaboratori: tra gli altri Anna Maria Lorenzoni si è sobbarcata, l’onere non lieve della trascrizione dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Mantova; don Giuseppe Pecorari, direttore dell’Archivio Storico Diocesano, ha affrontato cospicue serie documentarie di prima mano dell’istituto che dirige; Marzio Dall’Acqua, direttore dell’Archivio di Stato di Parma e Patrizia Melella, dell’Archivio di Stato di Roma, si sono occupati della documentazione conservata nelle rispettive aree di appartenenza.
Pur nell’intento comune di raggiungere omogeneità e uniformità del lavoro, e per contro considerando la diversità dei documenti presentati, relative difformità e oscillazioni possono essere riscontrate all’interno dello stile di ciascun trascrittore: sono i rischi dei lavori condotti in collaborazione, cui non sempre chi coordina - e me ne assumo la responsabilità - riesce a ovviare.
Per la generosa disponibilità prestata mi è gradito porgere un vivo ringraziamento ai direttori dei seguenti Istituti: Archivio di Stato di Firenze, Archivio di Stato di Modena, Archivio di Stato di Parma, Archivio di Stato di Perugia, Archivio di Stato di Reggio Emilia, Archivio di Stato di Roma, Archivio di Stato di Vicenza; Biblioteca Apostolica Vaticana; Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza; Biblioteca Comunale di Forlì.
Un caloroso ringraziamento anche a coloro che con segnalazioni e collaborazioni espletate a diversi livelli hanno contribuito alla realizzazione dell’opera: Carmela Binchi, dell’Archivio di Stato di Modena; Clifford Malcolm Brown, della Carleton University di Ottawa; Irene Cotta, dell’Archivio di Stato di Firenze; Giovanni Dal Lago, della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza; Maria Luigia De Gregorio, dell’Archivio di Stato di Vicenza; Alfredo Diotallevi, della Biblioteca Apostolica Vaticana; Mario Fanti, dell’Archivio della Fabbriceria di San Petronio di Bologna; Luigi Londei, soprintendente archivistico per l’Umbria; Charles Hope del Warburg Institute, University of London; Riccardo Pacciani dell’Università di Firenze; John Shearman, dell’Harvard University; Nicola Soldini.
Le lettere di Michelangelo e Aretino sono state tratte dalle rispettive edizioni, citate in bibliografia, previa autorizzazione degli editori; divergono pertanto dai criteri di trascrizione di questo lavoro in quanto sono stati rispettati quelli adottati dagli autori, l’unico intervento in proposito riguarda talvolta l’aggiornamento della numerazione delle note testuali, adeguata alla nuova impaginazione; in alcuni casi sono state eliminate lunghe note di tipo storico.
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
ACC - Archivio del Capitolo della Cattedrale
A. G. - Archivio Gonzaga
arch. - archivio
ASMN - Archivio di Stato di Mantova
ASDMN - Archivio Storico Diocesano di Mantova
ASFI - Archivio di Stato di Firenze
ASMO - Archivio di Stato di Modena
ASPG - Archivio di Stato di Perugia
ASPR - Archivio di Stato di Parma
ASRoma - Archivio di Stato di Roma
ASVI - Archivio di Stato di Vicenza
BCMN - Biblioteca Comunale di Mantova
b./bb. - busta/buste
c./cc. - carta/carte
cod. - codice
CV - Curia Vescovile
doc. - documento
EU - Entrate e Uscite
f. - filza
lib. - libro
ms. - manoscritto
MV - Mensa Vescovile
n. - nota o numero
r. - recto
reg. - registro
uff. - ufficio
v. - verso
vol./voll. - volume/volumi